30.12.10

LA BELLEZZA DEL SOMARO

Orario settimanale del film in programmazione
Mercoledi, Giovedi, Venerdi: ore 21.30
Sabato, Domenica e Festivi: ore 16.30 - 18.30 - 21.30
Lunedi, Martedi riposo
-
REGIA di Sergio Castellitto
INTERPRETI: Sergio Castellitto, Laura Morante, Enzo Jannacci, Marco Giallini, Barbora Bobulova.
Italia 2010
TRAMA: Marcello e Marina - lui architetto, lei psicologa - sono una coppia molto affiatata, dall'indole moderna e dinamica, sensibile nei confronti della salvaguardia dell'ambiente, con molti amici e una spiccata tolleranza verso tutti. I due hanno una figlia, la diciassettenne Rosa, lievemente dispotica ma brava a scuola e affezionata ai genitori. L'unico neo: il suo fidanzato, Luca, coetaneo carino e figlio di amici di famiglia, ma somaro a scuola, nervosetto e rimbambito dalle 'canne'. Marcello e Marina si sentiranno quindi sollevati alla scoperta della crisi della giovane coppia, ma durante uno spensierato fine settimana con gli amici nella loro casa immersa nella campagna toscana, faranno conoscenza del nuovo amore della figlia Rosa: Armando...

DURATA: 107 minuti



CRITICA:
È un film curioso e coraggioso, malinconico e surreale, l’opera n°3 di Sergio Castellitto dietro alla macchina da presa. Uno di quei titoli che non consentono al recensore di prevedere con quale tipo di reazioni dovrà fare i conti: «La bellezza del somaro», in effetti, è una neo-commedia all’italiana (tratta da un racconto di Margaret Mazzantini) che non vuole lisciare il pelo ai mangiafilm di bocca buona, ma nello stesso tempo si rivela ostile agli adepti del cinema protetto, edificante, garantito da nobili certezze o magnanimi conforti. La dose di estrosa cattiveria e intelligente scorrettezza che il grande attore dispensa a piene mani gli impedisce, inoltre, d’apparire fermo a metà del guado fra la tendenza Muccino e la tendenza Virzì e fa capire come i suoi referenti da regista siano piuttosto Ferreri e i Monthy Python. Tenuta pour cause assai sopra le righe, la ballata in forma di farsa intende prendere di petto innanzitutto i benestanti coniugi borghesi Castellitto e Morante, perfettamente ligi al format benpensante/progressista che si vuole antropologicamente contrapposto a quello cafonal/teledipendente. Una gragnuola di colpi alti e bassi che, radunando adulti amici e parenti nonché adolescenti figli e fidanzati per un weekend nella canonica casa di campagna, non la fa buona a nessuno: un coro d’interpreti stonati della postmodernità, una sfilata di sgangherati cercatori di felicità materiali e spirituali, un tourbillon di schiavi delle proprie ubbie o fissazioni spacciate per prerogative o ideali. Il sovratono nevrotico noir, servito da un montaggio mercuriale, potrebbe esasperare, ma la somma bravura di Castellitto nello scegliere e gestire gli attori stabilisce l’ancoraggio principale: si dimostrano tanto più credibili quanto più paradossali lo stesso blaterante protagonista, la psicologa Morante attorniata da mamma aggressiva e pazienti irrecuperabili, il manager Imparato che compita l’inglese traducendo a ruota libera il nulla, l’urlante preside Grimalda che «sta sul territorio», la badante kapò Ketral, il volgare e promiscuo chirurgo Giallini, l’ex moglie Vitale giornalista «de' sinistra», i diciassettenni Mencarelli, Lo Sasso, Pietro Castellitto non meno inguardabili e svalvolati. Il colpo di genio del copione è riservato alla viziata figlia Rosa (la tenerissima e tostissima Nina Torresi), pronta a trapiantare il nuovo boyfriend in seno alla famiglia allargata: tutti aperti, giovanili, ecosolidali, democratici, ma tutti ugualmente inebetiti al cospetto dell’alieno signore settantenne che legge Adelphi, suona i bonghi e si chiama Armando. Il castello di carte costruito con un po’ di karaoke e di femminismo a buon mercato crolla ancora prima che papà per capirci finalmente qualcosa si metta a sfumacchiare una canna. Armando, interpretato da Enzo Jannacci con una stralunata imperturbabilità che ricorda il mitico Chance di «Oltre il giardino», certifica come la vecchiaia esista e costituisca un antidoto al finto vitalismo della società infingarda e taroccata. E come forse l’origine del caos stia nella rozza quanto concreta massima del manager: quando eravamo giovani, i giovani non contavano un c...; ora che siamo genitori noi, i genitori non contano un c...
Valerio Caprara, Il Mattino, 17 dicembre 2010

"Il nuovo film di Sergio Castellitto è un oggetto da maneggiare criticamente con cura. (...) Forse 'La bellezza del somaro' è 'tremendo', ma non in senso qualitativo. Lo è nel giudizio morale che esprime sui suoi stessi personaggi, in modo consapevole: descrive con tremendo cipiglio un'Italia perduta, nella quale l'alta borghesia (...) ha perso ogni freno morale e ogni contatto con la realtà. 'Surreale' è un altro termine critico da maneggiare con cautela. Da Buñuel in poi, può voler dire tutto e il contrario di tutto. E però 'La bellezza del somaro' è qualcosa di più di una commedia grottesca, è proprio un film surreale, dove di tanto in tanto il regista/attore/autore guarda in macchina e si rivolge a noi spettatori, e dove il montaggio sempre acrobatico di Francesca Calvelli (...) crea associazioni visive sorprendenti. In breve: è chiarissimo cosa NON È. Non è una commedia all'italiana, non è un film natalizio. Più arduo dire cos'è. Forse un tentativo di importare Almodóvar nella borghesia italiana, o di ritrovare le atmosfere feroci di Ferreri (altro autore che Castellitto ha frequentato). Sicuramente è un film sfrontato, coraggioso, personalissimo. Solo Castellitto poteva farlo." Alberto Crespi, L'Unità, 17 dicembre 2010

http://www.labellezzadelsomaro.it/


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23.12.10

IN UN MONDO MIGLIORE

Orario settimanale del film in programmazione
Feriale: ore 21.30
Sabato, Domenica e Festivi: ore 16.30 - 18.30 - 21.30
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REGIA di Susanne Bier
Al Festival di Roma ha ottenuto il Gran Premio della Giuria e il Premio Marc'Aurelio del pubblico 
INTERPRETI:Eddie Kihani, Emily Mglaya, Gabriel Muli, Markus Rygaard, Mikael Persbrandt, Trine Dyrholm, Ulrich Thomsen, Wil Johnson, William Jøhnk Nielsen
Danimarca 2010 - Drammatico.
TRAMA: Il dottor Anton, che opera in un campo profughi in Africa, torna a casa nella monotona tranquillità di una cittadina della provincia danese. Qui si incrociano le vite di due famiglie e sboccia una straordinaria e rischiosa amicizia tra i giovani Elias e Christian. La solitudine, la fragilità e il dolore, però, sono in agguato e presto quella stessa amicizia si trasformerà in una pericolosa alleanza e in un inseguimento mozzafiato in cui sarà in gioco la vita stessa dei due adolescenti.
DURATA: 100 minuti



CRITICA:
Un bel melodramma, che ha per tema la violenza e la possibilità di combatterla, si è affacciato al concorso con Haevnen (titolo internazionale "In a better world", candidato dalla Danimarca all'Oscar) della regista danese Susanne Bier, già nota per film come Non desiderare la donna d'altri e Dopo il matrimonio. Spostandosi tra il Sudan bruciato dal sole e una cittadina danese dai colori freddi e invernali, Bier racconta la storia esemplare di due famiglie: quella di due medici prossimi alla separazione e del loro rampollo pre-adolescente e quella formata da un vedovo e da suo figlio. Tra i due ragazzi, Christian ed Elias, nasce un'amicizia pericolosa, fondata sulla ribellione ai soprusi presenti in ogni paese e a ogni latitudine. Quando un prepotente mette le mani addosso al padre di Elias, che non reagisce, questi lo scambia per vigliacco; in realtà, nel campo profughi africano in cui presta la sua opera, il dottor Anton ha avuto il coraggio di affrontare da solo il capo di una banda di predoni specializzati nello sventramento delle donne (il governo del Sudan non ha gradito il film, per le verità nascoste sul Darfur che scoperchia). Preoccupata di sostenere la tesi non-violenta, la regista dà al film un tono un po' didattico; però sa bene come si reggono le fila di un mélo di classe e amministra con sapienza gli snodi narrativi (è anche la sceneggiatrice), attivando al momento giusto l'emotività dello spettatore.
Roberto Nepoti - la Repubblica

Altra opera di notevole spessore e di ottima confezione estetica per Susanne Bier, cineasta che continua col suo cinema viscerale a proporre al pubblico dilemmi sulle contraddizioni del mondo contemporaneo. In un mondo migliore convince in virtù di una notevole forza propositiva, che fa superare anche i dubbi riguardo alcuni passaggi di storia eccessivamente schematici. Da vedere per rifletterci sopra.
La violenza è ormai compenetrata nel nostro mondo, a prescindere dall'area geografica, dalla condizione culturale, sociale o economica. Essa si presenta in modi impossibili da prevedere: può avere la forma scellerata di un dittatore con banda armata al seguito o quella più innocente di un ragazzo che non riesce a superare il dolore della perdita della madre. L'unico modo per fronteggiare la violenza è contrapporle l'etica del singolo, accompagnata alla sua ferrea volontà di non cedere di un passo di fronte al suo orrore, in qualsiasi forma esso appunto si manifesti. E' questo che tenta di fare Anton, medico che divide la propria vita tra la disastrata missione in Africa dove fronteggia continuamente la morte, e la sua vita in Danimarca, dove invece ad essere disastrata è la sua vita famigliare. Separato dalla moglie, l'uomo tenta tra mille difficoltà di passare la propria visione morale a suo figlio Christian, bambino problematico che sviluppa con Elias un'amicizia basata sul rancore e sulla volontà di vendetta. Tornata in patria dopo la parentesi americana del doloroso Noi due sconosciuti, la regista Susanne Bier mette in scena una storia che possiede un qualcosa che il cinema contemporaneo pare aver smarrito, o quanto meno sfumato pesantemente: una fortissima tensione morale, che si prende la responsabilità di adoperare armi difficili da maneggiare come la retorica per esplicitare in immagini il proprio messaggio. In un mondo migliore riesce nell'intento di inserire questo in una costruzione cinematografica come sempre preziosa, come lo stile della Bier ci garantisce fin dai suoi primi melodrammi. Il film si lascia quindi apprezzare non soltanto per la forza propositiva della storia, ma anche nella bellezza di immagini che ripropongono allo spettatore il mondo interiore dei personaggi, tutti delineati con vigore. Certo il cinema della Bier non lavora in sottigliezza, spesso propone momenti in cui la grana del discorso si fa grossa: anche in questo caso un paio di passaggi narrativi scavalcano il limite della retorica, risultando eccessivamente meccanici sopratutto nella seconda parte. Nel complesso però In un mondo migliore procede sicuro e ben scandito, fattore che in un film programmaticamente “a tesi” - come questo non vuole nascondere di essere - é di sicuro un notevole pregio. La cineasta conferma di saper maneggiare con sapienza la materia che sceglie di trattare, e continua a proporre un cinema viscerale e confezionato con molta cura. Questa sua ultima fatica si candida sicuramente per la vittoria finale al Festival di Roma, o quanto meno per il premio al miglior attore, un magnifico e doloroso Mikael Persbrandt nel ruolo di Anton.
06/12/2010 Adriano Ercolani www.comingsoon.it


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17.12.10

L'ESPLOSIVO PIANO DI BAZIL

Orario settimanale del film in programmazione
Mercoledi, Giovedi, Venerdi: ore 21.30
Sabato, Domenica e Festivi: ore 16.30 - 18.30 - 21.30
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REGIA di Jean-Pierre Jeunet
INTERPRETI: Dany Boon, André Dussollier, Nicolas Marié, Jean-Pierre Marielle, Yolande Moreau.
Francia 2009
TRAMA: Una mina esplode in mezzo al deserto del Marocco e, qualche anno dopo, un proiettile vagante gli si conficca nel cervello... Bazil non ha grande fortuna con le armi: la prima l’ha reso orfano, la seconda avrebbe potuto ucciderlo all’istante.
Quando viene dimesso dall’ospedale, Bazil non ha una casa. Fortunatamente, il nostro sognatore dal cuor gentile, viene adottato da una banda di feroci rigattieri, dai talenti e dalle aspirazioni tanto sorprendenti quanto diversificati, che vivono in una sorta di caverna di Ali Babà; sono Remington, Calculator, Buster, Slammer, Elastic Girl, Tiny Pete e Mama Chow.
Un giorno, mentre cammina accanto a due enormi edifici, Bazil riconosce il logo dei fabbricanti di armi, che hanno causato tutte le sue sofferenze. E così, aiutato dalla fedele combriccola di strambi compagni, decide di prepararsi per la vendetta.
Soli contro tutti - perdenti che lottano contro spietati giganti industriali - rivivono, con un’immaginazione e una fantasia degne di Buster Keaton, la celebre battaglia di Davide contro Golia...

DURATA: 105 minuti



CRITICA:
(...) Ancor più degli altri film di Jeunet, L'esplosivo piano di Bazil diventa perciò un lungo gioco, una recita di adulti bambini piena di idee fantasiose e affidata a un gruppo di grandi caratteristi guidati da un attore dalle fenomenali capacità mimiche come Dany Boon. L'espressività del creatore di Giù al nord trasforma Bazil in un eroe tenero e romantico a metà fra Chaplin e Bugs Bunny. In una tale avventura dalle possibilità infinite e surreali, Jeunet può dispiegare tutto il suo fantasioso arsenale di idee estrose e di brillanti creazioni. Tanto farsesco da suscitare qualche perplessità di fronte all'ingresso brutale dei drammi reali (le foto dei bambini mutilati). Eppure tanto incredibilmente immaginifico e pazzoide da realizzare un altro “favoloso mondo” dove solo caso e fantasia sono al potere. (Edoardo Becattini, mymovies.it)


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15.12.10

WE WANT SEX

Orario settimanale del film in programmazione
Mercoledi, Giovedi, Venerdi: ore 21.30
Sabato, Domenica e Festivi: ore 16.30 - 18.30 - 21.30
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REGIA di Niger Cole
INTERPRETI:Sally Hawkins, Bob Hoskins, Miranda Richardson, Geraldine James, Rosamund Pike .
Gran Bretagna  2010
TRAMA: Dagenham, 1968. La fabbrica della Ford è il cuore industriale dell’Essex (Inghilterra) e da’ lavoro a 55mila operai. Mentre gli uomini lavorano sulle automobili nel nuovo dipartimento, 187 donne lavorano come addette slla cucitura dei sedili nell’ala costruita nel 1920, che ora cade a pezzi. Lavorando in condizioni insostenibili, le donne della fabbrica perdono la pazienza quando vengono riclassificate professionalmente come “operaie non qualificate”. Con ironia, buonsenso e coraggio riescono a farsi ascoltare dai sindacati, dalla comunità locale e dal governo. Rita O’Grady, loquace e battagliera leader del gruppo, sarà un’avversaria non facile per gli oppositori maschi e troverà nella deputata Barbara Castle un’alleata per affrontare il Parlamento. Insieme alle colleghe Sandra, Eileen, Brenda, Monica e Connie, Rita guiderà lo sciopero delle 187 operaie, ponendo le basi per la legge sulla parità di retribuzione.
DURATA: 113 minuti



CRITICA:
In molti lo hanno paragonato a Full Monty quando è stato proiettato al Festival di Roma. We Want Sex è una brillante commedia inglese che racconta la storica protesta di 187 operaie inglesi che nel 1968 sconvolsero Londra per chiedere pari diritti e pari salario dei loro colleghi maschi.
Dagenham, 1968. La fabbrica della Ford è il cuore industriale dell’Essex (Inghilterra) e dà lavoro a 55mila operai.
Mentre gli uomini lavorano sulle automobili in un nuovo dipartimento, 187 donne lavorano come addette alla cucitura dei sedili nell’ala costruita nel 1920, che ora cade a pezzi. Lavorando in condizioni insostenibili, le donne della fabbrica perdono la pazienza quando vengono riclassificate professionalmente come “operaie non qualificate”. Con ironia, buonsenso e coraggio riescono a farsi ascoltare dai sindacati, dalla comunità locale e dal governo. Rita O’Grady, loquace e battagliera leader del gruppo, sarà un’avversaria non facile per gli oppositori maschi e troverà nella deputata Barbara Castle un’alleata per affrontare il Parlamento. Insieme alle colleghe Sandra, Eileen, Brenda, Monica e Connie, Rita guiderà lo sciopero delle 187 tostissime operaie, ponendo le basi per la legge sulla parità salariale.
Un gruppo di donne marciano dai cancelli di Dagenham Ford verso Westminster, reclamano l’uguaglianza, salariale e sessuale, in uno degli striscioni hanno scritto: “We Want Sex Equality”, ma poiché questo non si srotola completamente si legge solo la frase “We Want Sex...” ed è subito scompiglio, tra urla, fischi e clacson. Ma alle gagliardissime operaie non mancherà la faccia tosta per affrontare anche il Parlamento. La carismatica Sally Hawkins veste i panni di Rita O’Grady, leader della protesta. “E’ stata una lotta che ha aperto molte strade nei successivi 40anni – dice la Hawkins – e sono felice di avere contribuito a dare vita a questo personaggio. We Want Sex è un film pieno di passione e verità. Racconta di persone realmente esistite e che, seppur sconosciute, sono riuscite a cambiare le cose”. Dirige Nigel Cole, che dopo le mature e comiche spogliarelliste di Calendar Girls, continua a raccontare con simpatia e ironia la ricchezza del mondo femminile.
Primissima.it


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13.12.10

LA MAREA SILENZIOSA

Orario settimanale del film in programmazione

Martedi 14 ore 21.30
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REGIA di Tommaso Cavallini
INTERPRETI: Gianni Giannini, Atos Davini, Alessandro Minoli, Melania Giaconi.
Produzione Flying Dutchman, Italia, 2010
TRAMA:La marea silenziosa si riferisce agli spostamenti degli operai della Piaggio di Pontedera tra la città e il villaggio della fabbrica dove questi vivono e dove il film è ambientato, quasi una citazione de La sortie de l'usine dei Fratelli Lumière. Un film per celebrare il mito della Vespa, destinato a tutti coloro che amano la Vespa perché ne hanno una, ne hanno avuta una o ne avranno una o ne vorrebbero avere una perché ne capiscono e ne apprezzano la filosofia. Un film per chi vuol conoscere dall’interno la storia di questo grande progetto industriale nato dalle rovine della guerra e trasformatosi in un successo mondiale, principalmente grazie alla visione di qualche ingegnere geniale alla capacità di un gruppo di industriali competenti e sopratutto a una granitica e forte realtà operaia. Un film per chi ama le storie di gente comune e per chi vuole godersi una bella storia d’amore.
DURATA: 85'



CRITICA:
Il film «La marea silenziosa» è prodotto per la Flying Dutchman srl da Lorenzo Minoli e scritto dallo stesso Minoli e Tommaso Cavallini, che ne firma anche la regia, co-produttore, Stefano Minoli. Gli interpreti: Gianni Giannini, Atos Davini, Alessandro Minoli, Melania Giaconi. «La marea silenziosa» racconta gli spostamenti degli operai della Piaggio di Pontedera tra la città ed il villaggio della fabbrica — il villaggio storicamente denominato «Piaggio» — dove questi vivono e dove il film è appunto, ambientato. Proprio tra una delle tute blu dei fabbricanti della Vespa e una ragazza del posto, nasce una storia d’amore.

Francesco, che da bambino si trasferisce con la famiglia da Pontedera negli Usa, ritorna nella cittadina pisana anni dopo per occuparsi del nonno Alceste, lavoratore Piaggio in pensione, che si è rotto un braccio e che sta perdendo la sua badante. Francesco è tuffato in una realtà che gli appartiene ma che non ricorda: ha persino dimenticato il modo di parlare toscano. Nel villaggio Piaggio impara a conoscere l’orgoglio dell’essere parte di un progetto (la Vespa) che contagia anziani e giovani ed infine, incontra Claudia che lo aiuta a sopravvivere in una nuova realtà, che in verità Francesco inizia ad apprezzare.

Claudia e Francesco si troveranno e vivranno la loro storia d’amore che li porterà ad inseguire i sogni artistici di Francesco. Ad interpretare il ruolo del nonno Alceste è Gianni Giannini, attore comico toscano che tra le altre cose vanta una importante partecipazione a «Amici Miei», a «Il Prato» dei i fratelli Taviani, «Il Burbero» di Castellano e Pipolo, con Adriano Celentano e che attualmente lavora producendo ed interpretando spettacoli in piazza. Il direttore della fotografia del film è Roberto Benvenuti; production design, Giovanni Natalucci e l’autore delle musiche, Carlo Siliotto. (La Nazione 23/08/2010)

9.12.10

TOSCA dal Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Opera in diretta: inizio spettacolo ore 20.30 - apertura cinema ore 19.30
Biglietto intero € 10,00,
Ridotto soci Coop € 8,00.

ZUBIN MEHTA dirige “TOSCA” di Giacomo Puccini al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino e contemporaneamente, cinque sale cinematografiche toscane, attrezzate con tecnologia digitale per la ricezione via satellite, trasmetteranno la registrazione del capolavoro di Puccini per tutti quelli che non hanno la possibilità di assistervi dal vivo a Firenze.
È un'inedita e virtuosa sinergia a tre fra Teatro del Maggio, FST - Mediateca e Assessorato alla Cultura della Regione Toscana a rendere possibile questo dono alle città e ai cittadini del territorio, un atto d’amore che unisce per la prima volta la Fondazione lirica e i cinema toscani, grazie anche alla collaborazione degli esercenti e delle associazioni di categoria Agis, Anec e Fice, che hanno subito condiviso il progetto voluto dalla Sovrintendente del Teatro Francesca Colombo e sposato dall’Assessore Cristina Scaletti e dalla coordinatrice di FST – Mediateca Stefania Ippoliti.
Il 9 Dicembre sono coinvolte 5 sale cinematografiche toscane, in rappresentanza della fitta rete di sale tradizionali, che presto saranno attrezzate con la parabola satellitare, grazie anche al recente bando per l'innovazione tecnologica dei cinema varato della Regione Toscana.
È anche il primo passo sperimentale per una collaborazione continuativa: l’intento è infatti quello di arrivare a trasmettere con regolarità almeno uno spettacolo all’anno, dal Teatro Comunale di Firenze in tutta la Regione.
Acquistando il biglietto a soli 10 euro ( 8 euro soci Coop), tutti potranno, dalla sala più vicina a casa, godere l’opera - trasmessa in altissima qualità - e le sue arie più celebri, da “Vissi d’arte” a “E lucean le stelle”, nell’interpretazione di fuoriclasse quali Violeta Urmana (Floria Tosca), Marco Berti (Cavaradossi) e il grande Ruggero Raimondi, perfido Scarpia per antonomasia, per la regia di Mario Pontiggia e le belle scene e i costumi di Francesco Zito, nella stessa produzione che l’anno prossimo il Maggio esporterà anche in Giappone per la sua quarta tournée nel Paese del Sol Levante.

La rappresentazione ha inizio alle ore 20.30
Durata dello spettacolo Atto I 45' minuti
intervallo 40'
Atto II 40'
intervallo 35'
Atto III 30'
Durata complessiva
3 ore e 10'
Per informazioni 055.2719024
http://www.maggiofiorentino.it



TOSCA  Opera in tre atti
Musica Giacomo Puccini
Libretto Giuseppe Giacosa, Luigi Illica
Direttore Zubin Mehta
Regia Mario Pontiggia
Scene e costumi Francesco Zito
Luci Giancarlo Salvatori
...............................................
Floria Tosca Adina Nitescu
Mario Cavaradossi Marco Berti
Il Barone Scarpia Giovanni Meoni
Cesare Angelotti Alessandro Guerzoni
Il sagrestano Fabio Previati
Spoletta Carlo Bosi
Sciarrone Francesco Verna

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
I Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo
Allestimento Teatro del Maggio Musicale Fiorentino
Con sopratitoli

ATTO I. La chiesa di Sant’Andrea della Valle. Cesare Angelotti, detenuto politico appena evaso, entra nella chiesa e si affretta a rifugiarsi nella cappella in cui, secondo l’accordo preso con la sorella, la marchesa Attavanti, troverà il necessario per la fuga. Il sagrestano, sentito rumore, si avvicina pensando che il pittore sia tornato; egli invece non c’è e il paniere con la sua colazione è intatto.

Quando questi torna al lavoro e scopre il quadro che sta per ultimare, il sagrestano riconosce nella Maddalena appena dipinta la sconosciuta che negli ultimi giorni aveva trascorso molte ore nella chiesa, assorta in preghiera. Messosi a dipingere, Cavaradossi riflette sulle misteriose affinità che ricorrono fra la bellezza della sua amante, Floria Tosca, celebre cantante, bruna e con gli occhi neri e la sconosciuta, bionda e con gli occhi azzurri: pur avendo ritratto quest’ultima, egli confessa di amare solo Tosca. Uscito il sagrestano, Angelotti credendosi solo esce dalla cappella. Scorto il pittore, riconosce in lui un amico che condivide le sue stesse idee rivoluzionarie.

Il colloquio fra i due è però interrotto dal sopraggiungere di Tosca. Cavaradossi, preoccupato per la sorte di Angelotti, lo fa nuovamente nascondere: Floria è buona ma gelosa e soprattutto molto religiosa, incapace dunque di mentire al proprio confessore. Tosca viene da Mario a proporgli un convegno d’amore per la sera stessa nella loro villa fuori città ma, riconosciuta nella Maddalena la marchesa Attavanti e credendola una rivale, dà sfogo alla sua gelosia.

Cavaradossi riesce a placarla con appassionate frasi d’amore e giurandole che andrà all’appuntamento e che, nel frattempo, non si muoverà dalla chiesa. Riappare allora Angelotti e rivela che sua sorella gli ha lasciato nella cappella abiti femminili per travestirsi e sfuggire al barone Scarpia, il capo della polizia.

Mario gli affida la chiave della sua villa fuori città: in caso di necessità nel pozzo del giardino troverà un rifugio sicuro. Si ode un colpo di cannone: l’evasione è stata scoperta. Mario si precipita ad accompagnare l’amico al rifugio che gli ha destinato. Torna il sagrestano circondato da chierichetti e coristi e annunzia la sconfitta di Napoleone a Marengo, ordinando a tutti di prepararsi per un solenne Te Deum di ringraziamento.

L’esultanza con cui i presenti danno inizio ai preparativi è interrotta dal sopraggiungere di Scarpia. Il temibile capo della polizia sospetta che l’evaso si sia nascosto nella chiesa, ed alcuni indizi lo confermano: un ventaglio dimenticato dall'Attavanti, il paniere della colazione ritrovato vuoto e l’assenza del pittore. Scarpia ne deduce che Cavaradossi possa aver aiutato l’evaso. Improvvisamente rientra Tosca in cerca di Mario, delusa perché i festeggiamenti per la sconfitta di Napoleone hanno sconvolto i loro piani: quella sera infatti dovrà cantare per la regina.

Non trovando l’amante, la sua gelosia riaffiora incontrollabile e Scarpia l’alimenta subdolamente mostrandole il ventaglio rinvenuto presso il palco del pittore: subito la donna riconosce lo stemma dell’Attavanti. Convinta che Mario abbia condotto la nuova amante nella villa, vola a sorprenderli. Scarpia dà ordine di seguirla, sicuro che li condurrà a scoprire Angelotti, quindi, mentre pare unirsi alla celebrazione del Te Deum, dà libero corso al suo desiderio di possedere Tosca e di ucciderne l’amante.

ATTO II. La camera di Scarpia al piano superiore di Palazzo Farnese. Scarpia è a cena, assorto nei suoi pensieri. Ha convocato infatti Tosca dopo il concerto di festeggiamento per la vittoria ed è certo che la donna, per amore del suo Mario, verrà: si esalta quindi all'idea della conquista violenta che si appresta a fare.

Entra Spoletta, un suo sgherro: ha seguito Tosca fino alla villa fuori città, ma Angelotti si è reso introvabile. Cavaradossi però è stato arrestato e viene condotto alla presenza di Scarpia: interrogato, nega di sapere dove sia l’evaso. Durante l’interrogatorio entra Tosca, che Mario scongiura di non rivelare quanto sa. Quindi Cavaradossi è chiuso nella stanza della tortura, ma il barone fa in modo che la donna senta quali sofferenze egli deve sopportare.

La tensione giunge al massimo, poi la donna rivela il nascondiglio di Angelotti e la tortura è interrotta. Tosca può così rivedere Mario, svenuto e insanguinato. Quando riprende i sensi è fiero di non aver parlato, ma ascoltando Scarpia ordinare a Spoletta di cercare l’evaso nel pozzo del giardino, comprende che Tosca ha parlato e, nell’ira, la maledice. Quando però Sciarrone, un altro sgherro, annuncia che, contrariamente a quanto creduto, Napoleone ha vinto a Marengo, Cavaradossi esulta di gioia e Scarpia lo fa condurre via perché sia giustiziato.

Frattanto Spoletta reca la notizia che Angelotti, scoperto, si è suicidato. Adesso Scarpia e Tosca si fronteggiano; dapprima il barone si mostra galante, propone di cercare una soluzione, quindi, divenendo sempre più brutale, rivela il suo vero intento: Cavaradossi sarà salvo solo se Floria gli si concederà. Invano Tosca lo scongiura, supplica la Madonna di soccorrerla: l’odio ed il disprezzo che il barone legge negli occhi della donna aumentano in lui il piacere della conquista.

Il tempo incalza inesorabile, l’esecuzione è ormai vicina: disperata, Tosca accetta il ricatto, ma esige la certezza che Mario sarà salvo. Il barone ribatte che non può liberare apertamente Cavaradossi: egli dovrà subire una fucilazione simulata e, convocato Spoletta, gli impartisce davanti a Tosca le opportune disposizioni, ingiungendogli in modo sibillino di comportarsi come già avvenuto per il conte Palmieri. Tosca chiede ancora un salvacondotto firmato dal capo della polizia che le permetta di fuggire con il suo amante. Dopo aver scritto l’ordine, Scarpia si slancia ad abbracciare Tosca, ma la donna lo pugnala con un coltello preso dalla tavola e lo uccide.

ATTO III. La piattaforma di Castel Sant’Angelo. L’alba è vicina e si sente da lontano il canto di un pastore. Cavaradossi è in attesa della fucilazione ed il carceriere acconsente di recare a Tosca un ultimo messaggio del condannato. Mario rievoca con passione i suoi incontri d’amore con Tosca, quando la donna sopraggiunge e, al colmo della gioia, gli mostra il salvacondotto di Scarpia.

Di fronte all’incredulità dell’amante gli rivela il ricatto del barone e di averlo ucciso con le sue stesse mani. Quindi lo istruisce su come comportarsi: egli dovrà fingere di cadere morto e non rialzarsi fino al segnale di Tosca. I due amanti si abbandonano allora a fantasticare con gioia sul loro futuro.

È il momento della fucilazione. Quando però i soldati si sono allontanati e Tosca invita Mario a rialzarsi, disperata si accorge che egli è stato ucciso: l'atroce inganno di Scarpia si è compiuto. Scoperta l’uccisione del barone, i soldati stanno per arrestare Tosca, che si uccide gettandosi nel vuoto.

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