30.12.10

LA BELLEZZA DEL SOMARO

Orario settimanale del film in programmazione
Mercoledi, Giovedi, Venerdi: ore 21.30
Sabato, Domenica e Festivi: ore 16.30 - 18.30 - 21.30
Lunedi, Martedi riposo
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REGIA di Sergio Castellitto
INTERPRETI: Sergio Castellitto, Laura Morante, Enzo Jannacci, Marco Giallini, Barbora Bobulova.
Italia 2010
TRAMA: Marcello e Marina - lui architetto, lei psicologa - sono una coppia molto affiatata, dall'indole moderna e dinamica, sensibile nei confronti della salvaguardia dell'ambiente, con molti amici e una spiccata tolleranza verso tutti. I due hanno una figlia, la diciassettenne Rosa, lievemente dispotica ma brava a scuola e affezionata ai genitori. L'unico neo: il suo fidanzato, Luca, coetaneo carino e figlio di amici di famiglia, ma somaro a scuola, nervosetto e rimbambito dalle 'canne'. Marcello e Marina si sentiranno quindi sollevati alla scoperta della crisi della giovane coppia, ma durante uno spensierato fine settimana con gli amici nella loro casa immersa nella campagna toscana, faranno conoscenza del nuovo amore della figlia Rosa: Armando...

DURATA: 107 minuti



CRITICA:
È un film curioso e coraggioso, malinconico e surreale, l’opera n°3 di Sergio Castellitto dietro alla macchina da presa. Uno di quei titoli che non consentono al recensore di prevedere con quale tipo di reazioni dovrà fare i conti: «La bellezza del somaro», in effetti, è una neo-commedia all’italiana (tratta da un racconto di Margaret Mazzantini) che non vuole lisciare il pelo ai mangiafilm di bocca buona, ma nello stesso tempo si rivela ostile agli adepti del cinema protetto, edificante, garantito da nobili certezze o magnanimi conforti. La dose di estrosa cattiveria e intelligente scorrettezza che il grande attore dispensa a piene mani gli impedisce, inoltre, d’apparire fermo a metà del guado fra la tendenza Muccino e la tendenza Virzì e fa capire come i suoi referenti da regista siano piuttosto Ferreri e i Monthy Python. Tenuta pour cause assai sopra le righe, la ballata in forma di farsa intende prendere di petto innanzitutto i benestanti coniugi borghesi Castellitto e Morante, perfettamente ligi al format benpensante/progressista che si vuole antropologicamente contrapposto a quello cafonal/teledipendente. Una gragnuola di colpi alti e bassi che, radunando adulti amici e parenti nonché adolescenti figli e fidanzati per un weekend nella canonica casa di campagna, non la fa buona a nessuno: un coro d’interpreti stonati della postmodernità, una sfilata di sgangherati cercatori di felicità materiali e spirituali, un tourbillon di schiavi delle proprie ubbie o fissazioni spacciate per prerogative o ideali. Il sovratono nevrotico noir, servito da un montaggio mercuriale, potrebbe esasperare, ma la somma bravura di Castellitto nello scegliere e gestire gli attori stabilisce l’ancoraggio principale: si dimostrano tanto più credibili quanto più paradossali lo stesso blaterante protagonista, la psicologa Morante attorniata da mamma aggressiva e pazienti irrecuperabili, il manager Imparato che compita l’inglese traducendo a ruota libera il nulla, l’urlante preside Grimalda che «sta sul territorio», la badante kapò Ketral, il volgare e promiscuo chirurgo Giallini, l’ex moglie Vitale giornalista «de' sinistra», i diciassettenni Mencarelli, Lo Sasso, Pietro Castellitto non meno inguardabili e svalvolati. Il colpo di genio del copione è riservato alla viziata figlia Rosa (la tenerissima e tostissima Nina Torresi), pronta a trapiantare il nuovo boyfriend in seno alla famiglia allargata: tutti aperti, giovanili, ecosolidali, democratici, ma tutti ugualmente inebetiti al cospetto dell’alieno signore settantenne che legge Adelphi, suona i bonghi e si chiama Armando. Il castello di carte costruito con un po’ di karaoke e di femminismo a buon mercato crolla ancora prima che papà per capirci finalmente qualcosa si metta a sfumacchiare una canna. Armando, interpretato da Enzo Jannacci con una stralunata imperturbabilità che ricorda il mitico Chance di «Oltre il giardino», certifica come la vecchiaia esista e costituisca un antidoto al finto vitalismo della società infingarda e taroccata. E come forse l’origine del caos stia nella rozza quanto concreta massima del manager: quando eravamo giovani, i giovani non contavano un c...; ora che siamo genitori noi, i genitori non contano un c...
Valerio Caprara, Il Mattino, 17 dicembre 2010

"Il nuovo film di Sergio Castellitto è un oggetto da maneggiare criticamente con cura. (...) Forse 'La bellezza del somaro' è 'tremendo', ma non in senso qualitativo. Lo è nel giudizio morale che esprime sui suoi stessi personaggi, in modo consapevole: descrive con tremendo cipiglio un'Italia perduta, nella quale l'alta borghesia (...) ha perso ogni freno morale e ogni contatto con la realtà. 'Surreale' è un altro termine critico da maneggiare con cautela. Da Buñuel in poi, può voler dire tutto e il contrario di tutto. E però 'La bellezza del somaro' è qualcosa di più di una commedia grottesca, è proprio un film surreale, dove di tanto in tanto il regista/attore/autore guarda in macchina e si rivolge a noi spettatori, e dove il montaggio sempre acrobatico di Francesca Calvelli (...) crea associazioni visive sorprendenti. In breve: è chiarissimo cosa NON È. Non è una commedia all'italiana, non è un film natalizio. Più arduo dire cos'è. Forse un tentativo di importare Almodóvar nella borghesia italiana, o di ritrovare le atmosfere feroci di Ferreri (altro autore che Castellitto ha frequentato). Sicuramente è un film sfrontato, coraggioso, personalissimo. Solo Castellitto poteva farlo." Alberto Crespi, L'Unità, 17 dicembre 2010

http://www.labellezzadelsomaro.it/


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